Piccoli fino in fondo

Una giornata nazionale di studi e un tavolo di lavoro finalizzati a promuovere una cultura specifica per la gestione dei Piccoli Musei italiani.

Giancarlo Dall’Ara

I Piccoli Musei non sono e non vanno visti come una versione ridotta dei grandi, e anzi proprio l’idea che i “piccoli” siano dei “grandi incompiuti” è il peccato originale che ha impedito a molti di loro di riuscire ad avere un legame più forte con il territorio di appartenenza, di sviluppare un maggior numero di visitatori, e in ultima analisi di poter svolgere il proprio ruolo.
Sembra accadere per i Musei di piccola dimensione esattamente quello che accade nel mondo delle Imprese del nostro Paese: formazione, norme e cultura gestionale sono sempre su misura dei grandi.
E i piccoli anziché valorizzare le loro specificità, imitano i grandi, rischiando di aggiungere ai limiti propri della dimensione ridotta, ulteriori svantaggi o diseconomie.

E soprattutto aumenta la distanza psicologica con i residenti, che infatti sono i primi a non entrare nei musei. Se si osserva quanto viene fatto dai Piccoli Musei del nostro Paese si vede chiaramente che il loro modello di riferimento è dato dai musei di grande dimensione.
Se andate a visitare un piccolo Museo appena nato, o ristrutturato, è molto probabile che l’allestimento, l’illuminazione, le ricostruzioni, i percorsi, gli spazi per la didattica ricordino “le ricostruzioni asettiche, le illuminazioni da stadio o catacombali, i colori sordi o luccicanti dei muri” che caratterizzano i musei di grande dimensione. E se un grande Museo organizza un bookshop o una caffetteria o un catalogo, ecco che il piccolo cerca di allestire almeno un banco vendita, un punto ristoro e un pieghevole.

Guardate anche il dilagare degli acronimi MuMi, MUF, MAN…, tutti ripresi sull’onda del successo dei grandi Musei internazionali, con i Piccoli che cercano di imitare i grandi almeno nel nome.
Per non dire dei profili professionali previsti, che sono gli stessi, o meglio sarebbero gli stessi se ci fosse la possibilità di assumere più personale.
Personalmente ritengo che per gestire un Piccolo Museo e per far sì che questo possa esplodere tutte le sue specificità e potenzialità, sia in relazione al territorio e ai residenti che in relazione ai visitatori, occorra una cultura specifica, una cultura diversa da quelle attualmente dominanti, e cioè da quella tradizionale tutta schiacciata sulla conservazione (product oriented), e ovviamente anche da quella tutta orientata al consumatore (market oriented).
Una cultura specifica per i piccoli musei comporta in primo luogo il fatto che un museo di piccola dimensione debba essere “piccolo fino in fondo”, debba cioè puntare sulla cura dei dettagli, instaurare relazioni calde con la comunità, e con i visitatori, e anzi si debba ricentrare proprio sul tema dell’accoglienza.
Come è evidente infatti il tema dell’accoglienza è quello più critico e al tempo stesso il limite dei musei di grande dimensione; questo perché grandi spazi e numero elevato di visitatori impongono di gestire l’accoglienza secondo procedure e standard che finiscono per irrigidire le relazioni con i visitatori, renderle asettiche, impedendo una gestione dell’accoglienza calda e relazionale, come quella che può caratterizzare invece i Piccoli Musei, con tutti i vantaggi di marketing e di fidelizzazione che ne derivano, se li si sa gestire.
Il viaggio in un museo è un viaggio verso l’autenticità, e questa aspettativa può essere accolta perfettamente da chi coordina le attività di un Piccolo Museo, che dovrà tendere ad accentuare gli aspetti rituali della visita, che fin dall’ingresso deve riuscire a offrire l’esperienza di una immersione nella cultura del luogo, qualcosa di molto diverso da una semplice visita ad un museo.
L’ingresso al museo, la porta, la soglia, l’organizzazione degli spazi e dei servizi, l’arredo sono alcuni degli elementi attraverso i quali si rende tangibile l’accoglienza del Museo.

Il mio consiglio è di togliere le rigidità del banco di accettazione, di togliere centralità alla cassa che di solito si trova bene in vista, di spostarla, di evitare l’effetto “biglietteria” o “hall d’albergo”, e di tendere piuttosto a creare una atmosfera meno burocratica, meno museificata e più relazionale.
Il museo non è fatto solo di contenuti e contenitore, ma è fatto anche di persone: chi accoglie, chi accompagna, chi spiega sono le persone. Per questo tutto l’ambiente del museo deve essere relazionale. I percorsi di un piccolo museo non devono essere superaffollati di oggetti e di stimoli, al contrario si devono caratterizzare per esporre poche testimonianze, e non sempre le stesse.
E questo in un piccolo museo è possibile.
E anche se la dimensione è ridotta vanno comunque previsti luoghi di riposo e spazi vivibili.
Intervenire sugli spazi rendendoli accoglienti è la precondizione per rompere la separazione, che spesso si è creata tra musei e comunità locale, così da rendere più “familiare” l’esperienza museale.
E visto che il tema del rapporto con i residenti e la comunità locale è strategico per il ruolo di un Piccolo Museo, se non altro visto il ruolo di traino verso gli altri visitatori potenziali che possono esercitare i residenti, chiarisco subito che le altre condizioni per entrare in sintonia con il territorio sono relative:

  • all’organizzazione dei servizi (personalmente riterrei strategica una porta di accesso privilegiata, meglio se diversa da quella principale, e gratuita per i residenti, in particolare per i giovani);
  • all’organizzazione delle attività del museo, che dovranno essere più vicine alla cultura e alle aspettative dei residenti;
  • e ovviamente all’immagine del museo stesso, che oggi è percepita come respingente soprattutto da parte dei residenti.

Come credo sia già emerso da quanto detto in precedenza, per essere accogliente un Museo deve anche poter contare su personale che abbia le competenze necessarie. Penso in particolare al profilo del gestore di un Piccolo Museo, che non è propriamente quello del direttore di un Museo, ma penso anche alla necessità che il personale di contatto sappia raccontare il museo, alle competenze necessarie per essere “narratore di luoghi”, per la gestione del “Ricordo”, e penso naturalmente anche alle competenze di base. In Francia a questo proposito è appena stata pubblicata una ricerca sui musei che rivela che “la mancanza di entusiasmo da parte del personale è drammatica”.

Il contributo che un approccio italiano al marketing – per intenderci niente a che vedere con il marketing di impronta americana che ancora domina la letteratura sull’argomento nel nostro Paese – è quello di riflettere sul tema dell’accoglienza e della gestione di un Piccolo Museo assumendo l’ottica dell’ospite, che in italiano significa sia colui che ospita che colui che è ospitato. In base a questa ottica non ci deve essere separazione tra noi e i visitatori, e loro non sono affatto il target, il bersaglio dell’approccio bellico tradizionale del marketing che ha portato i musei italiani a fare propri, in maniera acritica, i concetti di mission, di vision, e strumenti quali i gadget, il merchandising…. dietro i quali c’è l’ottica del “visitatore come consumatore”.

Quella del visitatore- ospite è oggi un approccio necessario anche agli altri Enti che gestiscono i beni culturali nei quali, a volte, l’antiturismo è palpabile, anche se non dichiarato. L’invito è dunque quello di tornare ad ascoltare la domanda con umiltà. Naturalmente questi sono solo alcuni spunti, che derivano dalla mia esperienza, ma sono certo che esistano tante altre esperienze che potrebbero cominciare a colmare il vuoto culturale del quale si è detto, e dare vita ad una cultura nuova per la gestione dei Piccoli Musei. Per questo nel Convegno organizzato a Castenaso lo scorso 7 maggio, abbiamo pensato di creare uno spazio di riflessione che non sia la solita riflessione sui Musei, e un appuntamento nazionale, una Giornata nazionale che porti i problemi dei piccoli Musei all’attenzione del Paese. E per tutto questo abbiamo dato vita ad un tavolo di lavoro che delinei i principi nei quali si possono riconoscere i Piccoli Musei che vogliono essere Piccoli fino in fondo, e che vedono nella loro dimensione anche la loro grande risorsa. Ecco queste sono le mie speranze, i miei obiettivi per i quali cerco alleati.